DIITET, come tutto è cominciato
di Simone Iannotti, DIITET-CNR
Intervista a Paola Giugni
Quest’oggi intervistiamo Paola Giugni, storica segretaria amministrativa del DIITET oggi in pensione, vera e propria “memoria storica” del nostro Dipartimento, avendone vissuto la nascita e la consolidazione, oltre ad aver lavorato per oltre 35 anni nel nostro Ente.
- Iannotti: Ciao Paola, raccontaci in breve del “tuo” CNR, come e quando hai iniziato, di cosa ti occupavi, e come sei arrivata alla realtà dei Dipartimenti.
- Giugni: Buongiorno a te, sono entrata al CNR come archivista dattilografa nel 1984, figura propria dell’epoca delle macchine da scrivere, in una struttura dell’Amministrazione Centrale, l’allora Ufficio Pubblicazioni, poi divenuto “Ufficio Pubblicazioni e Informazioni Scientifiche”. Si trattava di un ufficio molto dinamico, che si occupava sia delle pubblicazioni dei risultati provenienti dalle attività di ricerca svolte nei nostri istituti, sia di relazioni con utenti esterni che si interfacciavano con il mio ufficio di allora per chiedere informazioni riguardanti l’acquisto delle nostre pubblicazioni scientifiche. Lì mi occupavo, oltre che delle attività di segreteria e della parte editoriale, anche del reparto di comunicazione, mediante la partecipazione frequente a fiere del libro nazionali e internazionali; in queste occasioni ho potuto toccare con mano, con mia grande soddisfazione, quanto il CNR fosse tenuto in enorme considerazione anche al di là dei confini nazionali.
- Iannotti: E dopo ti sei avvicinata alla realtà dei dipartimenti. Come e quando è avvenuto questo passaggio?
- Giugni: Dopo tanti anni, trascorsi nell’Ufficio Pubblicazioni, col susseguirsi di numerosi dirigenti, ho iniziato a percepire, nonostante mi sia trovata sempre a mio agio con i colleghi, che si stava rompendo qualcosa a livello di equilibri nel mio ufficio, e al contempo, come credo sia fisiologico in ogni lavoratore, è sorta l’esigenza di provare qualcosa di nuovo e di maggiormente stimolante; con queste premesse, il cambiamento è stato soltanto la logica conseguenza. Dopo 23 anni nello stesso ufficio, in cui ho avuto modo di farmi conoscere all’interno dell’Ente, nel 2007 una mia collega ha consigliato il mio nome per quello che allora era un ufficio tutto da costituire e ho quindi ricevuto l’offerta dell’allora Dipartimento Energia e Trasporti, accettandola al volo non appena mi sono resa conto che quel tipo di lavoro, diverso, variegato e stimolante avrebbe fatto al caso mio. Pensavo di essere sufficientemente preparata in ambito contabile, per mia formazione e per esperienze lavorative passate, invece con mia grande sorpresa, mi sono resa conto ben presto che, dal punto di vista amministrativo, avevo tutto un nuovo mondo da scoprire. All’inizio non è stato affatto facile, sono arrivata al Dipartimento nel mese di novembre, e quindi con i piani di gestione da completare; pur non essendo digiuna dell’argomento, avendo studiato bilancio e contabilità anche per svariati concorsi, ho constatato che, all’atto pratico, era tutt’altra cosa. Però col tempo, con la collaborazione reciproca tra colleghi (fondamentale a mio avviso per il funzionamento ottimale di un ufficio), e un po’ di buona volontà sono riuscita a prendere in mano la situazione.
- Iannotti: Una volta arrivata al Dipartimento, cosa sapevi riguardo la mission dell’allora DET? E quando invece ci fu il momento di transizione nel 2012, con l’accorpamento dei tre Dipartimenti (Energia e Trasporti, Sistemi di Produzione e ICT) che diedero vita al DIITET, com’è stato per te quel periodo da un punto di vista lavorativo?
- Giugni: Quando arrivai al Dipartimento, sapevo che avrei ricoperto il ruolo di segretario amministrativo; nella mia testa questa figura si sarebbe occupata della gestione dei capitoli di spesa e, mea culpa, non sapevo molto delle finalità dei dipartimenti: pensavo che il trapasso degli allora comitati per dar vita ai dipartimenti fosse banalmente un cambio di denominazione o poco di più. Come del resto accadde con il mio precedente ufficio; svariati cambi di nome ma alla fine le competenze e le mansioni restavano più o meno immutate. Devo aggiungere però che probabilmente, sia nel Dipartimento Energia e Trasporti che in tutti gli altri dipartimenti costituiti allora, la mission non era molto chiara, in particolar modo per tutti i colleghi che, provenienti da altre realtà dell’Ente, si trovavano catapultati in una realtà totalmente nuova e da sviluppare. Noi, come DET, abbiamo dato credito all’allora Direttore, Prof. Claudio Bertoli, che fu bravissimo ed estremamente competente nella fase di avvio. All’epoca le dinamiche tra istituti e dipartimenti erano totalmente diverse; basti pensare che spesso eravamo noi a proporre agli istituti di partecipare ai progetti, mentre oggi la rete scientifica procede senz’altro con maggiore autonomia. Al di là dell’aspetto maggiormente tecnico, almeno negli oltre 13 anni in cui ho ricoperto il ruolo, il segretario amministrativo era una sorta di trait d’union tra la rete scientifica e l’Amministrazione Centrale (A.C.), per quanto riguarda esigenze e problematiche degli istituti stessi, trovando, in collaborazione con l’A.C. il modo di risolverli. Il momento dell’accorpamento dei tre dipartimenti, quindi la vera fase di transizione, fu abbastanza complessa: ci era stato detto che il numero dei dipartimenti sarebbe dovuto passare da 11 a 7, e che il nostro dipartimento sarebbe stato una delle tre “teste” che avrebbero dato vita al DIITET. Ma il problema vero fu: come si chiude, in pratica, un dipartimento? Come si può, ad esempio, in corso d’opera e a metà anno, chiudere un bilancio? Erano presenti tre centri di spesa differenti e ovviamente tre segretari amministrativi; fui designata io come segretario amministrativo del nuovo Dipartimento e fortunatamente con tanta collaborazione degli altri due segretari abbiamo lavorato al meglio delle nostre possibilità. Poi mi resi conto che in realtà, più che l’accorpamento dei dipartimenti, da un punto di vista contabile, era assai più difficile l’accorpamento degli istituti o la loro soppressione (ride n.d.r.)!
- Iannotti: Com’era l’organigramma dell’allora Dipartimento Energia e Trasporti quando sei arrivata?
- Giugni: Oltre al Prof. Bertoli, eravamo, come personale strutturato, soltanto Ilaria Bencini, Silvia Presello, la sottoscritta e due persone a contratto. Viste le poche persone, è stato quasi impossibile mantenere i ruoli “a compartimenti stagni”: come segretario amministrativo, ad esempio, non potevo esimermi se c’era bisogno di dare una mano in altri ambiti, come ad esempio una rendicontazione progettuale, e lo stesso valeva anche per i colleghi nei miei confronti. Tutti quindi dovevamo necessariamente essere un po’ dei “tuttofare” insomma!
- Iannotti: Veniamo al 2013: il DIITET è ormai composto, personale sicuramente numeroso ma necessario a gestire le esigenze e le problematiche di un “mega dipartimento”. Tu, da segretario amministrativo, hai avuto difficoltà nel coordinare realtà che non conoscevi, che operavano in ambiti di ricerca diversi, e che forse differivano anche, l’uno con l’altro, nel modus operandi?
- Giugni: Chiaramente, quando devi confrontarti con realtà diverse, con modi di operare differenti dai tuoi, all’inizio le difficoltà sono quasi fisiologiche. Gli ingredienti giusti, a mio avviso, sono stati la trasparenza, la sincerità, la correttezza e l’empatia; dare direttive univoche si è reso necessario, non avremmo avuto fisicamente il tempo per poter gestire tutti gli istituti se ognuno avesse lavorato a modo proprio; ma l’importante è stato far capire il concetto di necessità, mai di imposizione. Per altro sono stata anche fortunata, dato che dall’altra parte ho trovato sempre colleghi validissimi ed estremamente collaborativi e comprensivi. Con queste premesse è sicuramente più facile e più stimolante lavorare bene.
- Iannotti: Quindi, Paola, sei stata il segretario amministrativo del DET prima e del DET poi. Il tutto fino al 2020, “il momento dell’addio”: come è maturata questa scelta, dato che avresti potuto restare fino alla massima età pensionabile, quindi ancora per qualche anno? Quali sono state le motivazioni? E le sensazioni, umane ancor prima che professionali, che hai avuto in quel periodo?
- Giugni: In quasi 40 anni di CNR ho visto tantissimi colleghi andare in pensione, per forza di cose. E ho visto alcuni di loro arrivare alla “data fatidica” quasi trascinandosi, a causa dell’inevitabile declino fisico e mentale dovuto all’età. Mi sono sempre detta che, nel caso avessi avuto la possibilità di scegliere, non sarei arrivata alla pensione per forza d’inerzia. Questa possibilità si è materializzata sotto forma della celeberrima “quota 100”: ci ho riflettuto molto, non è stata una scelta fatta a cuor leggero, ma ho capito che quello era il momento giusto per lasciare. Perdere quel treno avrebbe significato lavorare almeno fino ai 67 anni di età, ma la pensione è sicura soltanto nel momento in cui effettivamente ci vai no? Purtroppo, non ho potuto lasciare come avrei voluto, perché il COVID ci mise lo zampino: presentai la domanda a febbraio, e quando scattò il lockdown ero in ferie. Ricordo che chiesi il permesso al Direttore Campana di poter entrare al CNR per recuperare le mie carte ed i miei effetti personali per poter lavorare da casa quei pochi mesi che restavano da lì alla pensione. Oggi credo che il lavoro in modalità agile sia maggiormente strutturato ed estremamente comodo; ma per noi, costretti ed “improvvisati” in quel momento, fu assai difficile, specie nelle prime settimane. Ad oggi ti dico invece che, probabilmente, avessimo avuto già negli anni passati, la possibilità di uno smart working come quello che avete voi oggi, quando magari il giorno che hai bisogno di isolamento e concentrazione totale puoi lavorare comodamente da casa…diciamo che avrebbe aumentato le possibilità di una mia permanenza fino all’età pensionabile. Il grosso dispiacere è stato principalmente dover fare il passaggio di consegne e il saluto ai colleghi solo in modo virtuale; è vero che ho avuto e ho tutt’ora la possibilità di andarli a trovare e passare del tempo insieme, ma mi sarebbe piaciuto farlo in quel momento. Del resto, erano quasi 40 anni della mia vita, ed era un capitolo fondamentale che si stava chiudendo.
- Iannotti: Andiamo un po’ più sul personale. Hai colleghi in particolare che ricordi con affetto?
- Giugni: Devo dire, io mi sono trovata bene praticamente con tutti, sia con i colleghi del mio ufficio, sia con altri. Ho sempre creduto nel valore dei rapporti umani, prima ancora di quelli professionali. Quando riesci a far andare di pari passo le due cose, i risultati sono quasi inevitabili, e di conseguenza, non posso non avere un buon ricordo di tutte le persone con cui mi sono interfacciata in questi lunghi anni.
- Iannotti: Piccola nota per chiudere. Lo sai che, a distanza di più di 4 anni dal tuo pensionamento, e in una fase di profondo rinnovamento del personale DIITET, ci sono colleghi che non hanno mai lavorato con te, e non ti conoscono di persona, che hanno imparato a conoscerti perché spesso i “veterani” del DIITET, all’insorgere di un problema esclamano “ci fosse stata Paola Giugni”? Fa piacere no?
- Giugni: La cosa mi fa enormemente piacere! Credo di non avere doti “taumaturgiche”; il mio “mettere mano” è stato quasi sempre pensare “va bene, stiamo calmi e cerchiamo di risolvere il problema, tutti insieme”, senza abbandonare mai nessuno a sé stesso. Inoltre, ti confesso una cosa: ho chiesto la portabilità del numero telefonico CNR, e ancora oggi, dopo 4 anni, ci sono dei colleghi che mi contattano, non sospettando minimamente che io sia in pensione, chiedendomi consigli su questioni lavorative. Laddove le mie conoscenze possano ancora essere valide (alcune norme cambiano sempre troppo velocemente), cerco sempre, per quanto posso, di dare una mano. Poi la mia idea è quella che tutti siamo utili ma nessuno deve essere indispensabile, e la mia filosofia è stata soltanto una: non è vero che il sapere è potere. Se io so una cosa e riesco a trasferirla a qualcuno, posso fare nuove conoscenze ed accrescere le mie; se resto unica detentrice di un concetto, resto piccola io e non cresce chi ho di fronte. Colgo l’occasione per augurare buone feste a tutto il DIITET e ai suoi istituti, ai colleghi che mi conoscono e mi hanno “sopportato” per anni e a quelli che mi conoscono solo per sentito dire. Buon Natale e felice anno nuovo!
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